IA

L’IA ha stancato, ma lei non si stanca mai.

Siamo tutti esausti di sentir parlare di intelligenza artificiale, di AGI, di modelli linguistici, di ChatGPT e dei suoi cloni, annoiati dei titoli sensazionalistici, delle previsioni apocalittiche, delle profezie sulla singolarità tecnologica. Esausti delle startup che aggiungono “AI-powered” al loro pitch solo per attirare investitori. Stanchi delle email che promettono di “rivoluzionare il tuo business con l’IA”.

Ma c’è un piccolo problema: l’intelligenza artificiale non si stanca mai.

Mentre noi ci lamentiamo della saturazione mediatica, mentre rolliamo gli occhi all’ennesimo articolo sul “futuro dell’IA”, i modelli continuano silenziosamente a evolversi. Non hanno bisogno di pause caffè, non soffrono di burnout, non si annoiano delle ripetizioni. Processano, apprendono, migliorano. Instancabilmente.

È questo il paradosso del 2024: più ci stanchiamo di parlare dell’IA, più l’IA diventa inarrestabile. Mentre le aziende tech si affannano a cavalcare l’onda dell’hype, i loro laboratori di ricerca continuano a spingere i confini del possibile. Mentre i media cercano il prossimo clickbait sull’intelligenza artificiale, gli algoritmi si infiltrano silenziosamente in ogni aspetto della nostra vita quotidiana.

Le Big Tech lo sanno bene. Microsoft, Google, Meta e compagnia bella non stanno certo rallentando i loro investimenti solo perché il pubblico è saturo di notizie sull’IA. Al contrario, stanno accelerando. Sanno che dietro la facciata dell’hype mediatico si sta consumando una vera e propria corsa agli armamenti tecnologici.

E mentre noi ci stanchiamo, loro corrono più forte.

È una dinamica che abbiamo già visto con internet negli anni ’90. Anche allora ci fu un momento di saturazione, di stanchezza collettiva verso il “nuovo paradigma”. Poi è arrivato il Web 2.0, i social media, gli smartphone. E oggi? Provate a immaginare un mondo senza internet.

Con l’IA potrebbe succedere lo stesso. Oggi siamo stanchi di sentirne parlare, ma domani potremmo trovarci in un mondo dove l’intelligenza artificiale è talmente integrata nel tessuto della società da diventare invisibile. Non ne parleremo più non perché ci siamo stancati, ma perché sarà diventata l’acqua in cui nuotiamo.

Il rischio? Che la nostra stanchezza ci renda miopi. Che mentre siamo occupati a lamentarci dell’ennesimo articolo sull’IA, ci sfuggano le implicazioni profonde di questa rivoluzione tecnologica. Che mentre rolliamo gli occhi all’ennesimo chatbot, non ci accorgiamo che gli algoritmi stanno ridisegnando le fondamenta della nostra società.

Non tutto è digitale.

Mentre l’IA può superarci in velocità di calcolo e analisi dei dati, la saggezza esperienziale rimane un territorio esclusivamente umano. È il nostro superpotere, quello che ci rende non solo rilevanti ma indispensabili in un mondo sempre più automatizzato.

Come disse Carl Jung: “La conoscenza si acquisisce attraverso lo studio, la saggezza attraverso l’esperienza.” L’IA potrà acquisire tutta la conoscenza del mondo, ma la vera saggezza rimarrà sempre un dono umano.

L’IA può analizzare milioni di dati in pochi secondi. Può trovare pattern nascosti in decenni di documenti. Può prevedere tendenze basandosi su un’infinità di variabili. Impressionante, vero?

Ma mettiamola alla prova in una sala riunioni, dove tensioni non dette pesano più delle parole pronunciate. Chiediamole di capire perché un cliente storico, dopo vent’anni di collaborazione, improvvisamente diventa distante. O di percepire che dietro il “va tutto bene” di un collaboratore si nasconde una crisi personale.

È qui che entra in gioco la saggezza esperienziale umana. Non è una questione di velocità di elaborazione o di quantità di dati. È quella capacità, tutta umana, di leggere tra le righe della vita.

Percorsi inevitabili.

La convergenza fra l’umanità e l’ IA diventa un orizzonte sempre più sfocato, il confine va fondendosi sempre di più. L’intelligenza artificiale non ha bisogno della nostra attenzione per evolversi. Non ha bisogno dei nostri click, dei nostri like, del nostro hype. Continuerà a svilupparsi nei laboratori di ricerca, nei data center, nel cloud. Instancabile, inesorabile, indifferente alla nostra stanchezza.

Forse è proprio questo il momento di essere più vigili che mai. Quando l’attenzione mediatica si affievolisce, quando l’hype si sgonfia, quando la stanchezza prende il sopravvento – è allora che dobbiamo prestare più attenzione. Perché l’IA non si stanca mai, e il suo impatto sulla società non diminuirà solo perché noi siamo stufi di parlarne.

La vera domanda non è se siamo stanchi dell’IA, ma se possiamo permetterci di esserlo.


Fine Articolo
Riferimenti e Collegamenti

KFlow on mac air

Scopri di più da Navetta G.I.

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Scopri di più da Navetta G.I.

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere